Dott.ssa Laura Marchi

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale Pisa e provincia

Tag: amore

Il cervello maschile e quello femminile: influenzano le diverse fasi dell’amore, dall’attrazione iniziale alla rottura della relazione?

E’ ormai dimostrato che il cervello maschile e quello femminile presentano differenze sostanziali che influenzano il modo in cui uomini e donne pensano, sentono, si comportano, comunicano, danno significato a ciò che accade. Grazie all’evoluzione delle tecniche di neuroimaging è stato possibile osservare le diverse attivazioni cerebrali e avere anche una base neuroscientifica a ciò che fino ad oggi veniva solo descritto da molte coppie. Tali differenze incidono anche nel modo in cui vengono vissuti attrazione, scelta dei partner, innamoramento, amore, rottura della relazione dagli uomini e dalle donne, sebbene è importante ricordare che nell’essere umano i comportamenti sono sempre il risultato di diversi fattori, tra i quali oltre a quelli biologico-genetici, si aggiungono quelli individuali (storia di sviluppo, ambiente familiare di crescita) e culturali. Conoscere tali differenze aiuta moltissimo a comprendere meglio l’alterità e ad accettarla entro certi limiti. Quante volte le donne si lamentano per il fatto che i loro partner riescono a fare al massimo una cosa per volta, mentre loro in quel tempo ne hanno fatte almeno tre diverse? Questo aspetto è molto spesso causa di litigi e discussioni ma ahimè è tutta colpa del cervello!!!! Il nostro cervello è diviso in due emisferi: 1)l’emisfero destro e quello sinistro. Il primo è responsabile del linguaggio, delle capacità logico-analitiche,  della tendenza alla precisione e attenzione ai dettagli, consente pianificazione e esecuzione di azioni; 2) l’emisfero destro è meno analitico, più in grado di cogliere la complessità di una situazione presa nel suo insieme, è responsabile della tendenza a essere creativi, è intuitivo. Molto grossolanamente si può dire che l’emisfero sinistro è quello logico-razionale, il destro quello delle emozioni. Gli uomini utilizzano maggiormente il sinistro, le donne il destro. Inoltre il fascio di fibre che unisce i due emisferi detto corpo calloso, è più grande nelle donne e questo porta a un maggior utilizzo di entrambi da parte delle donne, grazie a un maggior accesso ad entrambi garantito da connessioni più estese. Quali conseguenze?

Gli uomini sono più orientati ai dettagli, sono attenti alle parole, al contenuto di ciò che ascoltano per capire il problema di fondo, mentre le donne, che utilizzano maggiormente entrambi gli emisferi quando si tratta di parlare e ascoltare, tendono a parlare di più, usare più parole, a esprimersi in modo più ricco, a fare considerazioni. Queste differenze spiegano perché gli uomini tendono spesso a infastidirsi di fronte al fiume di parole della partner e lei, vedendo che non è ascoltata, reagisce offesa sentendosi non amata.

Le donne riescono a fare più cose contemporaneamente perché l’emisfero destro consente di operare in parallelo (fare più cose insieme), a differenza del sinistro (maggiormente usato dai maschi) che consente di operare in seriale (una cosa alla volta). Conoscere come alcune delle differenze tra uomo e donna possano influenzare le modalità comunicative e comportamentali può essere di grande aiuto per avere un atteggiamento più comprensivo e adattarsi meglio all’altro cercando trovare quel giusto compromesso anche sulla base dei suoi limiti e delle sue risorse. Certo non è possibile generalizzare, ci sono profonde differenze tra le persone, indipendentemente dalla biologia, determinate dall’incontro di questa con le influenze ambientali ricevute nel corso dello sviluppo.

Da un punto di vista evoluzionistico, come esseri umani ci siamo evoluti in modo da garantirci sopravvivenza e propagazione del patrimonio genetico attraverso la riproduzione; pertanto anche se gli uomini e le donne di oggi vivono in condizioni molto diverse da quelle dell’uomo della caverna, certe spinte evolutive sono rimaste e influenzano in parte tutte le fasi dell’amore. Ad esempio sapete che gli uomini vengono attratti dalla bellezza e dalla giovane età della partner e questo influenza la scelta? Per bellezza si intende una certa armonia nelle proporzioni del corpo e del viso, che si possono mantenere nonostante il cambiamento che i canoni estetici subiscono nel tempo. Questo perché una donna bella e giovane è anche in grado di portare avanti una gravidanza e di trasmettere dei geni sani; questa influenza esiste anche se non è, evidentemente, rigidamente determinata. Le donne invece sono meno sensibili alla bellezza fisica e più all’intelligenza di un uomo, al suo status sociale, alle risorse economiche di cui dispone, alla sua disponibilità a creare un rapporto stabile. Questo perché? In origine, a differenza della situazione attuale in cui molte donne possono provvedere materialmente alla prole anche senza l’aiuto di un partner, la donna che sceglieva un partner in grado di fornire cibo e protezione a lei e alla prole era più probabile che riuscisse a far crescere i figli e quindi garantire la propagazione dei geni. Non è così lontano da quello che osserviamo nella nostra società attuale: donne giovani in coppia con uomini maturi, non necessariamente così aitanti, ma con ruoli di potere, ricchi e uomini con donne molto belle e giovani. Esistono ovviamente anche casi opposti. Ricordiamoci che la biologia non è tutto, non determina strade uniche e determinate, siamo esseri umani e per nostra natura molto più complessi dei nostri amici animali.

C’è un’altra differenza tra cervello maschile e femminile molto curiosa. Sia nell’uomo che nella donna la frequenza dei rapporti sessuali garantisce una produzione massiccia di ossitocina (soprattutto nelle donne) e vasopressina (soprattutto negli uomini) che favoriscono il passaggio da un legame basato sull’attrazione e il desiderio a un legame più propriamente affettivo. Nell’uomo la maggiore produzione di vasopressina, neurormone secreto dall’ipotalamo, è responsabile della sensazione di possesso, di gelosia, della territorialità, è ciò che spinge l’uomo a sentire la partner come un individuo di sua proprietà e a star male se il suo possesso sfugge o anche solo viene sospettato. L’ossitocina, prodotta in maggiore quantità nel cervello femminile, responsabile delle contrazioni che inducono il parto e prodotta a seguito della stimolazione dei capezzoli durante l’allattamento, si associa alla sensazione di benessere, calore, al comportamento di cura e protezione, e a quella fiducia relazionale che caratterizza le donne molto più degli uomini

 

 

Cosa vuol dire stare in coppia? Dall’innamoramento alla fine di un amore

L’elemento simbolico che nel tempo è stato maggiormente associato all’amore è il fuoco. Il fuoco si accende e brucia, ma se non viene alimentato si spegne. Difficile spiegare il fuoco, così come è difficile se non impossibile spiegare l’amore. L’amore è simile al fuoco, ma brucia o dura? L’amore è un fuoco che brucia ma non dura o se dura allora è destinato a non bruciare? Il grande dilemma dell’amore è proprio questo: sembra che la realtà attuale delle coppie ci dimostri che l’amore tende a non durare, anche se è stato preceduto da un grande innamoramento, da una grande passione iniziale.

fine di un amore

Stare in coppia significa trovare un modo proprio di stare insieme a un’altra persona in condizioni di serenità, tranquillità e soddisfazione. La soddisfazione di coppia è legata alla presenza di tre elementi fondamentali senza i quali non è possibile parlare di una sana relazione d’amore. Il primo è la presenza di un legame di attaccamento sicuro, ovvero la fiducia nel fatto che il partner rappresenti una base sicura, fonte di accudimento e vicinanza affettiva. Il secondo è la presenza di una sessualità attiva e appagante, senza la quale i due partner possono essere definiti al più dei buoni amici e confidenti, ma non una coppia. Terzo elemento importante di una coppia è la condivisione di momenti ed esperienze piacevoli che coinvolgono entrambi e che spesso tendono a perdersi con l’aumentare dei doveri e delle responsabilità di coppia.

La dimensione dell’innamoramento è senza dubbio la più bella da vivere al punto che continuiamo a sposarci e a fare progetti a lungo termine nell’illusione che questo sentimento durerà, sebbene le statistiche raccontino una realtà diversa. Infatti, come afferma lo psicologo Walter Riso, il 50% delle coppie si separa e dell’altro 50% che non lo fa, più della metà non vive bene. C’è solo un 20% delle coppie che si realizza in amore e si sente libero.

Il modo in cui noi viviamo la relazione amorosa e il significato che ad essa diamo deriva ed è uno sviluppo della primissima relazione con la figura caregiver (accudente) di riferimento. Il riferimento principale è lo studio che è stato fatto da Mary Ainsworth: la psicologa osservò che i piccoli, posti in una situazione inconsueta, separati dalla madre e messi con uno sconosciuto, al rientro della madre reagivano in tre modi diversi:

  • Sicuri
    Tollerano brevi separazioni, sono contenti quando la madre torna ed hanno fiducia che la loro madre tornerà.
  • Evitanti
    Sono disinteressati al rientro della madre, sembrano da lei distanti e non hanno fiducia nel suo rientro.
  • Ambivalenti-resistenti
    Sono molto in difficoltà a tollerare la frustrazione della separazione e si aggrappano disperatamente a lei anche se con atteggiamento ambivalente.

Così gli innamorati della Relazione Sicura trovano facile avvicinarsi al partner e sperimentare con lui intimità, sono a loro agio sia nel dipendere che nel far dipendere l’altro da loro. Non pensano alla possibilità di essere abbandonati e della vicinanza emotiva.

Gli amanti della Relazione Evitante provano disagio rispetto alla vicinanza emotiva, per loro è difficile aver fiducia o poter dipendere da qualcun altro. Possono temere l’intimità ( timorosi) o mantengono fermi i paletti ( respingenti).

Quelli della Relazione Ansioso-Ambivalente-Resistente percepiscono invece una forma di riluttanza dell’altro verso di loro, l’idea che “non vuole veramente stare con me”. Vorrebbero la fusione, l’appartenenza ma tipicamente se agiscono questo desiderio, l’altro fugge.

Questi stili non sono più o meno buoni, dipendono molto dal contesto culturale (per l’europeo lo stile migliore è quello sicuro, mentre nei kibbutz israeliani e in Giappone lo standard è associato allo stile ansioso-ambivalente), in quanto tutto dipende dai significati che si danno alle relazioni e quindi dal contesto che li fornisce.

Un motivo per cui i rapporti terminano è che all’inizio il partner si sceglie sulla base di bisogni che ci sono in quel momento ( es. necessità di svincolarsi, necessità di fare figli, di avere un certo tipo di famiglia alternativa alla propria). Si sceglie l’altro per ciò che è funzionale in quel dato momento di vita e se i bisogni di uno o di entrambi i partner cambiano, la coppia può entrare in crisi e, da qui, terminare o evolvere in una riorganizzazione. Se ad entrambi partner va bene stare insieme perché così non si è soli, oppure perche ci sono i figli o via dicendo la coppia può funzionare perché condivide. Se invece uno dei due non si trova d’accordo e quindi quando uno dei due ha una percezione differente o dell’importanza dell’amore o di quel che l’amore significa, allora le cose cambiano.

Ma questa differente prospettiva può accadere anche in seguito ad eventi esterni e contestuali e cioè ad un certo punto il sistema coppia è perturbato da un cambiamento ( una malattia, un lutto, ecc), cioè da un evento che crea una differenza, una nuova consapevolezza. La premessa al concetto del cambiamento è che, dagli studi fatti emerge come ci siano due parametri che contribuiscono alla resilienza della coppia e quindi alla sua forza di adattamento alle perturbazioni: il trovare del tempo per stare insieme e l’essere disposti ad operare dei cambiamenti per fare piacere all’altro. Le persone che sono soddisfatte delle loro relazioni infatti hanno voglia di stare col partner e di fare micro cambiamenti per far piacere all’altro.

 

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