Dott.ssa Laura Marchi

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale Pisa e provincia

Tag: dieta

Binge eating, perfezionismo e ansia sociale

Il binge eating, il consumo incontrollato di una grande quantità di cibo in un arco di tempo di due ore, è un sintomo diffuso nei disturbi alimentari, che può avere effetti dannosi sulla salute fisica e mentale delle persone, come un aumentato rischio di obesità e di altri disturbi psichiatrici. E’ un sintomo chiave sia della bulimia nervosa che del disturbo da alimentazione incontrollata, o binge eating disorder in inglese, ma può essere presente anche nell’anoressia nervosa o in altri disturbi della nutrizione o dell’alimentazione, in accordo con il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (APA; DSM-5, 2013). Una migliore comprensione dello sviluppo e del mantenimento delle abbuffate è importante per ridurne gli effetti negativi e, inoltre, questo potrebbe contribuire alla prevenzione e al trattamento dei disturbi alimentari. La ricerca ha evidenziato che diversi fattori cognitivi, affettivi, psicologici e di personalità rappresentano dei fattori di rischio per lo sviluppo di questi disturbi e contribuiscono al loro mantenimento. Un modello che spiega lo sviluppo e il mantenimento delle abbuffate afferma che il perfezionismo porta gli individui a impegnarsi in una dieta rigida ed estrema che, a sua volta, provoca le abbuffate (Sherry & Hall, 2009; Mackinnon et al., 2011). Secondo questo modello la relazione tra perfezionismo e binge eating è mediata dalla dieta restrittiva, ovvero la tendenza a ricercare rigidamente la perfezione e a non tollerare l’errore o “il meno perfetto” è probabile che porti le persone a impegnarsi nella dieta seguendo regole rigide, estreme e numerose che prevedono l’esclusione di alcuni cibi (definiti “tabù” perchè potenzialmente ingrassanti), rigidi limiti calorici, il digiuno, il mangiare entro una certa ora, e così via, che porteranno inevitabilmente all’abbuffata, per fame, per desiderio impellente (craving) di tutto ciò di cui è stato privato forzatamente l’organismo, soprattutto se in contemporanea si verificano eventi che provocano emozioni negative, le quali vengono gestite attraverso l’abbuffata. IL perfezionismo può essere definito come un tratto di personalità (una caratteristica stabile delle persone) che caratterizza quelle persone che si sforzano di ottenere il livello più alto possibile di standard e aspettative, evitando contemporaneamente errori e imperfezioni. Per una persona perfezionista, la dieta può essere un comportamento da seguire secondo degli standard rigidi di perfezione e dove l’immancabile fallimento delle aspettative (es. “avrei dovuto evitare il dolce, invece non ho resistito, tanto vale che mi abbuffi e mangi tutti i dolci del buffèt”) scatena l’abbuffata, come tentativo di scappare da uno stato emotivo interno spiacevole e doloroso. Pertanto la restrizione dietetica indurrebbe le abbuffate attraverso una deprivazione percepita che porta a un’ iperalimentazione compensatoria. A questo proposito è utile distinguere due tipi di restrizioni dietetiche: una restrizione dietetica calorica (assumere con la dieta un contenuto calorico al di sotto del fabbisogno fisiologico) e una restrizione dietetica cognitiva (le regole alimentari che devono essere seguite). Questa seconda caratteristica, sebbene possa essere associata a un normopeso e/o  a un regime alimentare non restrittivo da un punto di vista calorico/alimentare, è un fenomeno cognitivo che riveste un ruolo importante nel mantenimento delle abbuffate e pertanto deve essere affrontato e ridotto nel trattamento.

Un altro fattore che potrebbe essere rilevante per il binge eating è l’ansia sociale. La letteratura scientifica supporta l’associazione tra disturbi alimentari e ansia sociale. Otrovsky et al. ( 2013) hanno trovato che  individui obesi con un disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) avevano più elevate percentuali di ansia sociale in comorbidità rispetto alla popolazione generale o a individui obesi senza  DAI.

Una specifica forma di ansia sociale che è stato dimostrato essere associata sia alla bulimia nervosa che all’anoressia è l’ansia per il proprio aspetto sociale, ovvero il timore di un giudizio globale sul proprio aspetto che sembra influenzare e mantenere nel tempo il disturbo e che quindi deve essere discusso all’interno di un trattamento  (Dakanalis et al., 2016; Levinson & Rodebaugh, 2012; Levinson et al., 2013).

La terapia cognitivo-comportamentale rappresenta il gold standard per il trattamento di questi disturbi, affrontando i meccanismi cognitivi, affettivi e comportamentali che mantengono i sintomi del disturbo. Accanto a fattori comuni a tutti coloro che hanno un disturbo alimentare (dispercezione corporea, restrizione dietetica alimentare e/o cognitiva, check del peso e del corpo, sensazione di grassezza, pensieri distorti sul cibo, peso e corpo, ecc) ci sono differenze individuali legate a specifici tratti o veri e propri disturbi di personalità in comorbidità, livelli diversi di gravità nella regolazione emotiva, nel controllo e perfezionismo che devono essere prese in considerazione sia per poter individualizzare il più possibile il trattamento, sia per poter regolare la relazione terapeutica e lavorare anche in ottica di prevenzione delle ricadute nel lungo periodo.

 

Mindful eating: mangiare meno in modo più appagante

E’ esperienza comune sottoporsi a dieta nel corso della propria vita, sebbene per ragioni diverse, vivendola con fatica e frustrazione a causa dei limiti imposti sulle quantità e qualità dei cibi ‘consentiti‘. Sottoporsi ad una dieta tipicamente significa rinunciare spesso a ciò che più ci piace che in genere è anche più grasso e calorico. Quello che l’esperienza clinica e gli studi scientifici che hanno seguito nel tempo campioni di persone obese o sovrappeso sottoposte a dieta è che, quando le diete sono troppo rigide ed estreme tendono a non funzionare se non nel breve periodo; nel lungo periodo ciò che si osserva è un recupero ponderale. La più grande sfida posta alla scienza della nutrizione ed anche a quella psicologica è aiutare le persone non solo a perdere il peso, ma anche e soprattutto a mantenerlo stabile nel tempo.
Da dove deriva questa difficoltà? Ovviamente, il nostro peso dipende dal rapporto tra quanto introduciamo con l’alimentazione e quanto bruciamo, ma la fame e l’uso dell’energia sono controllate dal cervello, senza la nostra consapevolezza. Il nostro cervello ha un proprio senso di quanto dobbiamo pesare, il cosiddetto ‘set-point’, indipendentemente da quello che crediamo essere il nostro peso desiderato e ideale. Il set-point in realtà è un range di peso variabile tra 4,5 e 7kg; questo significa che variando lo stile di vita è possibile avere oscillazioni in alto e in basso del peso corporeo all’interno del range ma è molto difficile rimanerne al di fuori. L’ipotalamo, la parte del cervello che regola il peso corporeo, funziona come un termostato volto a mantenere il peso stabile quando le condizioni cambiano, attraverso la regolazione della fame, dell’attività e del metabolismo. Il cervello reagisce alla perdita di peso attivando potenti strumenti per far ritornare il corpo al peso che considera normale, ovvero ‘salutare’; se viene perso molto peso il cervello reagisce come se stesse morendo di fame, quindi il metabolismo si riduce in modo da conservare più energia e la fame aumenta. Le persone che hanno perso il 10 percento del loro peso corporeo bruciano 250-400 kcal in meno perchè il loro metabolismo è soppresso. Questo meccanismo ha un alto potere per la sopravvivenza umana; quando il cibo era scarso i nostri antenati potevano sopravvivere solo grazie a questi meccanismi fisiologici di conservazione dell’energia.

Ciò a cui il corpo non è stato preparato è la sovrabbondanza di cibo che caratterizza le società occidentali.
Gli psicologi classificano chi mangia in due gruppi, coloro che si affidano alla loro fame e coloro che tentano di controllare ciò che mangiano affidandosi alla forza di volontà e a regole rigide (comportamento utilizzato da coloro che si mettono a dieta). Potremmo definirli ‘mangiatori intuitivi’ i primi e ‘mangiatori controllati‘ i secondi. I mangiatori intuitivi hanno meno problemi legati all’alimentazione, hanno meno probabilità di essere in sovrappeso e si preoccupano meno del peso e della dieta. I mangiatori controllati’, invece, sono più vulnerabili alle abbuffate in risposta a stimoli visivi legai al cibo, alle emozioni (la cosiddetta ‘fame emotiva’), al sovrappeso,inoltre una piccola indulgenza, come mangiare due biscotti è più facile che porti ad un’abbuffata di cibo in questi soggetti. Questo ciclo di diete e abbuffate non solo è responsabile nel lungo periodo di un aumento di peso, ma può predire anche l’insorgenza dei disturbi alimentari, soprattutto in adolescenza. Le diete non sono molto affidabili; 5 anni dopo una dieta, la maggior parte delle persone ha riguadagnato il peso e il 40% di loro ne ha guadagnato anche di più. Con molta probabilità l’effetto della dieta nel lungo periodo è quello di farci prendere peso piuttosto che perderlo. Quindi che cosa fare?
La risposta è: mindful eating, ovvero imparare a mangiare con consapevolezza, imparando a capire i segnali che il corpo ci invia, quelli di fame e di sazietà, in modo da mangiare quando si ha fame e smettere quando si è sazi, perchè gran parte dell’aumento del peso è legato al mangiare quando non si è veramente affamati. Come fare?
Datevi il permesso di mangiare ciò che desiderate e poi cercate di capire cosa fa stare bene il vostro corpo, sedetevi a pasti regolari senza troppe distrazioni, focalizzate l’attenzione su come il vostro corpo si sente prima che iniziate a mangiare, durante il pasto e quando vi fermate. Lasciate che sia il vostro livello di fame a decidere quando iniziare e smettere di mangiare. Imparare a riappropriarsi dei meccanismi di auto-regolazione del corpo è qualcosa che richiede allenamento perchè nel tempo ci abituiamo a mangiare seguendo le emozioni, le regole, la vista del cibo e perdiamo la connessione naturale con i segnali del corpo.
Programmi di mindful eating possono essere un valido aiuto per tutti coloro che in modo diverso lottano con il cibo, il peso, il corpo e che desiderano interrompere questa lotta e sentirsi finalmente meglio.

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