Il digiuno intermittente (intermitted fasting) è stato proposto da alcuni clinici e ricercatori negli ultimi anni come una modalità alimentare che apporta benefici a livello di sistema immunitario, regolazione arteriosa, di resistenza insulinica, di livelli di trigliceridi e colesterolo, di funzioni cognitive e così via (de Caba & Mattson, 2019). Ci sono diversi modi in cui si può praticare, per esempio mangiando nella prima parte della giornata fino al pranzo e poi digiunare nelle ore successive fino alla colazione del giorno dopo (circa 18 ore di digiuno e un periodo di alimentazione di 6 ore).

Gli studi che sostengono i benefici del digiuno intermittente nell’obesità, asma, malattie cardiovascolari, cancro, ecc hanno diversi limiti: sono condotti nella gran parte dei casi su animali (ratti), tendono a valutare gli effetti della dieta nel breve termine (settimane o qualche mese) non a lungo termine e hanno diversi limiti metodologici. L’unico studio che ha confrontato gli effetti sul peso e sul rischio cardiovascolare di un regime di digiuno intermittente e una restrizione dietetica continuativa (1000 Kcal per le donne e 1200 Kcal per gli uomini) in persone con sovrappeso/obesità non ha trovato differenze significative sia a 12 che a 24 mesi (Headland, Clifton, & Keogh, 2019, 2020). I risultati di questo studio confermano le conclusioni di una revisione metanalitica sistematica di 9 studi di durata minima di 6 mesi, in cui non è stata osservata alcuna differenza nella perdita di peso tra restrizione calorica continuativa e digiuno intermittente (Headland, Clifton, Carter, & Keogh, 2016).

Sebbene non ci siano differenze significative in termini di perdita di peso e miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolari tra digiuno intermittente e dieta moderatamente ipocalorica continuativa, alcuni studi hanno dimostrato che il digiuno, ovvero passare molte ore della giornata senza mangiare, e la restrizione dietetica rigida e estrema aumentano il rischio di episodi di abbuffate e l’alimentazione in eccesso e la preoccupazione per il cibo. La ricerca dimostra che le diete fortemente ipocaloriche favoriscono l’aumento di peso a lungo termine negli individui normopeso (Lowe, Doshi, Katterman, & Feig, 2013) e in quelli predisposti è un fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione di gravità clinica (Schaumberg & Anderson, 2016; Stice, 2016). Inoltre, gli studi effettuati sul disturbo da binge-eating (BED) hanno confermato che l’assunzione di almeno 3 pasti al giorno è associata a meno episodi di abbuffata rispetto a una minore frequenza di pasti assunti (Masheb, Grilo, & White, 2011). Infine, il consumo regolare della colazione, del pranzo e della cena è significativamente correlato con un indice di massa corporea più basso nelle persone con obesità e BED (Masheb & Grilo, 2006).

La prova più importante a favore  dell’adozione di un’alimentazione regolare (3+2+0) deriva però dai risultati degli studi che hanno valutato gli effetti della terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) per i disturbi dell’alimentazione (Dalle Grave & Calugi, 2020; Fairburn, 2008). Il razionale che sta dietro questa terapia è che l’alimentazione ritardata e le regole alimentari rigide ed estreme siano i più importanti fattori di mantenimento delle abbuffate, pertanto per ridurne la loro frequenza, è necessario non tenere lo stomaco vuoto per più di 4 ore nel suggerire al paziente di pianificare in anticipo 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini (metà mattina e metà pomeriggio) e il non mangiare tra gli intervalli: una procedura anche chiamata 3+2+0. Gli studi hanno dimostrato che la procedura dell’Alimentazione Regolare produce una rapida e significativa riduzione degli episodi di abbuffata solo dopo 4 settimane nella maggior parte dei pazienti con bulimia nervosa (Dalle Grave, Calugi, Sartirana, & Fairburn, 2015; Fairburn et al., 2009) e BED (Grilo & Masheb, 2005).

Per concludere, dato che il digiuno intermittente per quello che ad oggi ci dicono le evidenze scientifiche, non apporta benefici aggiuntivi in termini di perdita di peso e di rischio cardiovascolare rispetto a una dieta moderatamente restrittiva, ma aumenta la preoccupazione per il cibo e il rischio di abbuffate quindi non sembra opportuno proporlo come pratica alimentare. Sembra essere molto più appropriato un regime alimentare salutare, in particolare mediterraneo, ben distribuito in 3 pasti principali più due spuntini; in questo modo si previene il potenziale sviluppo di disturbi alimentari o pattern alimentari disregolati.